Spiaggia incontaminata, sabbia corallina, foreste rigogliose, mare cristallino. Thilafushi non conosce tutta questa bellezza. Perché quella che fino a 25 anni fa era una splendida laguna naturale è diventata una discarica a cielo aperto nel cuore delle Maldive: montagne di rifiuti e fumi che offuscano l’aria è tutto ciò che resta. Il destino di Thilafushi è cambiato nel momento in cui le autorità decisero di trasformarla in una vera e propria isola di smaltimento rifiuti. Era il 7 gennaio del 1992 quando arrivò il primo carico di spazzatura dalla capitale Malè, che dista appena 7 chilometri. Da quel giorno, la quantità non ha fatto che aumentare: Thilafushi è oggi un’isola su cui ogni giorno si riversano più di 300 tonnellate di nuovi rifiuti. La situazione è diventata insostenibile: a Thilafushi arrivano non solo i rifiuti prodotti dai 300 mila abitanti di Malè, ma anche – e soprattutto – quelli dei 100 resort delle Maldive che ospitano un milione di turisti all’anno. L’industria del turismo ha dei ritmi che la discarica di Thilafushi non riesce più a sostenere. Ecco perché Bluepeace, organizzazione non-profit maldiviana, ha definito l’isola una “bomba tossica”. È questo uno dei più gravi problemi ambientali - insieme al preoccupante innalzamento delle acque marine – che una delle principali destinazioni turistiche del mondo, e forse la meta paradisiaca per eccellenza, deve affrontare. E quando la quantità di rifiuti prodotti cresce esponenzialmente, lo smaltimento rischia di diventare ingestibile. Le tonnellate di immondizia vengono infatti interrate in pozzi coperti poi con la sabbia, mentre i materiali pericolosi come le pile, l’amianto e il piombo si accumulano sulle spiagge insieme agli altri rifiuti, minacciando seriamente gli ambienti marini e le specie che vi abitano. I danni ambientali e sanitari procedono di pari passo. Sull’isola vivono circa 150 immigrati dal Bangladesh impiegati senza protezione nella discarica, tutti i giorni a diretto contatto con le scorie e con i fumi della spazzatura bruciata. Le possibilità di contrarre malattie alle vie respiratorie sono altissime, e le conseguenze drammatiche. Non dorme mai, Thilafushi. Brucia rifiuti 24 ore al giorno, tutti i giorni, creando una colonna di fumo tossico visibile a 70 chilometri di distanza. Quando l’aereo sta per atterrare a Malè, oltre i finestrini del lato destro si apre uno spettacolo sconcertante. Possiamo girarci dall’altra parte, ma non basterà di certo questo per arrestare quelle bocche fumanti.