TAP - TRANS ADRIATIC PIPELINE. Non c'è pace tra gli ulivi

Il gasdotto transadriatico, noto come Tap, Trans Adriatic Pipeline, costituisce il progetto di realizzazione dell’ultima sezione di un impianto di trasporto di gas naturale, il Corridoio del Sud che partendo da Kipoi, al confine fra Grecia e Turchia e dopo aver attraversato l’Albania e il mare Adriatico, giungerebbe in Salento, Puglia, al lido di San Basilo – San Foca, frazione di Melendugno (Lecce). Il Tap, proseguimento di Trans Caspian Gas Pipeline (Georgia) e Trans Anatolian Pipeline – TANAP – (Turchia) porterebbe in Europa il gas estratto nei ricchi giacimenti del Mar Caspio azero Shah Deniz I e II, nella misura di 10 miliardi di metri cubi annui, con possibilità di raddoppio. Il progetto e la sua realizzazione sono affidati a una joint venture fra colossi del settore energetico, che, in seguito a cessioni e acquisizioni nel corso degli anni, sono a oggi: la BP, British Petroleum (20%), la compagnia petrolifera statale azera SOCAR (20%), l’italiana SNAM S.p.A. (20%), la belga Fluxys (19%), la spagnola Enagás (16%) e la svizzera Axpo (5%). Considerato Progetto di Interesse Comune dalla Commissione Europea, perché differenzierebbe le fonti di approvvigionamento di gas naturale degli stati membri, riducendo la dipendenza dal fornitore chiave fino ad oggi, la Russia, il Tap non incontra particolari ostacoli alla sua realizzazione in Grecia e in Albania. Lo stop al progetto arriva dall’Italia. Nonostante il via libera da parte del Ministero dell’Ambiente italiano con il rilascio della Valutazione di Impatto Ambientale nel settembre 2014, il progetto TAP si scontra con l’opposizione delle amministrazioni locali e regionale pugliesi interessate e della popolazione, organizzata in Comitati come il NO TAP. In particolare i sindaci e l’autorità regionale pugliese denunciano la loro esclusione nel processo decisionale sulla fattibilità del progetto rimesso nelle mani del governo centrale e protestano contro i danni che subirebbero l’economia locale, basata su turismo marittimo e pesca, e il paesaggio caratteristico della falesia costiera. A ciò si aggiunge la previsione di sradicamento di 10.000 ulivi per realizzare la connessione del Tap alla rete nazionale dei gasdotti a Mesagne, 55 km da Melendugno, operazione giustificata dalla TAP come ricollocamento delle piante stesse. Dal punto di vista del rischio sanitario nell’area interessata dalla realizzazione del gasdotto, in mancanza di uno studio ad hoc, la Lega Italiana della Lotta ai Tumori –LILT – si è schierata duramente contro il Tap, pubblicando i dati relativi al già elevato tasso di tumori riscontrato nel Salento e in Puglia per cause ambientali, riconducibili alle emissioni industriali, di cui la stessa regione ha il primato in Italia, secondo studi ARPA 2010 e 2011. La realizzazione del gasdotto, al netto di incidenti non prevedibili comporterebbe un danno nell’immediato e di lungo termine per la persistenza di sostanze nocive nel territorio. La LILT si è fortemente pronunciata contro un’azione ex-post, di eventuale bonifica o riparazione di nuovi danni alla salute perorando azioni prevenzione. Il ricorso al TAR della Regione Puglia sul conflitto di attribuzione competenza decisionale è stato rigettato il 20 aprile 2017, a causa della valenza strategica dell’opera del metanodotto. Nel frattempo i lavori sono stati avviati.